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TUTTI I COMPLEANNI DEL MONDO

Mix ed editing: Adriano Giannini/Ugly Records (@uglyrecs) • 

La platea del club ballava in visibilio/ al suono del contrabbasso delle trombe della batteria/ e di quel ritmo travolgente/ come l’onda di un fiume fuori dagli argini/ che inghiotte  una strada di campagna abbandonata da secoli o da anni/…la cornetta cantava nella notte/ sperduta fra mille altre/ una luce fra le innumerevoli pulsava/ sulla faccia di quella splendida pianura/ la sera del ventiquattresimo compleanno di un disperato / nel giorno libero di qualche manovale ancora vivo/ e  libero dal frastuono di martelli pneumatici / scomparsi sepolti dimenticati. Le donne ancheggiavano in mille modi differenti /e tutte allo stesso modo / le spalle cascanti sotto gli sguardi affamati dei coccodrilli in guardia / sotto i flutti delle acque del Serengeti. Un flusso primordiale e impetuoso / attraversava la città quella notte / ed erano i fianchi rigidi dei ragazzi che tentavano di star dietro a quelle dee in gonne o pantaloni / a zampa d’elefante / ma le zampe loro no non avevano alcunché, alcunché di pachidermico / la giungla sfilava nel loro ondeggiare / e vedevi le gazzelle i fenicotteri le leonesse e mamma ippopotamo / liscia rotonda con le ciglia lunghe da superstar / intente a sedurti dalla riva del fiume / dalla sponda più bella e piana e sensuale. Forse il Serengeti / vecchio animale da pista da ballo / sapendo della festa era passato / per vedere che aria tirava / ma investito dal bop era esploso / spargendo sulle luci dei locali una specie di magia / e dall’alto i cappotti si svuotavano su affamati alligatori / mentre le donne spiccavano il volo, e sotto / una musica da sballo non ti faceva pensare più.

Il Man festeggiava quella sera / il suo dannato ventitreesimo compleanno. Una lacrima gli era scesa sul viso al pensiero di esserci arrivato / sano salvo e senza contratto a tempo indeterminato, / dedicò una preghiera alla Madonna dei lestofanti / e si scolò un altro giro di rhum. Il bar fece eh eh eh eh al ritmo della banda jazz / che suonava da sola ad occhi chiusi al centro della scena / splendente e unica come un plenilunio blu / e tutti andarono a prendere il cicchetto / che il festeggiato aveva appena offerto a quegli sconosciuti / da oggi testimoni preziosi del suo arrivo al mezzo del cammin /di una vita niente male pensò il man, niente male…Si guardò intorno il Man, stringendo la sua coppola con la punta della mano destra / come prima di ogni tuffo nel blu. Si lasciò stordire come piaceva a lui sorridendo al cielo come chi aspetta una goccia d’acqua fresca e subito piovve sulla folla champagne dorato lanciato da pazzi scatenati che erano saliti in piedi sul bancone. Il Man rise e bevve, bevve ancora un po’ finché non vide sotto di lui un nano che cercava di saltare e prendere quello che lui dai suoi due metri e dieci gli rubava beffardo, beffardo ma non stronzo il Man, che quindi prese il nano e se lo mise in spalle perché nessuno nemmeno un nano sarebbe tornato a casa sulle proprie gambe la sera del suo ventisettesimo compleanno. Gli stringeva forte quella salopette da manovale o da meccanico o insomma una salopette sporca di grasso e truciolato e aveva i fianchi smilzi il nanerottolo che si dimenava stringendo forte le cosce contro le orecchie arrossate del Man che a una certa si stancò e fu per questo che scaraventò il nano a dieci metri di distanza diritto su uno sgabello del bar / di fronte a un paio di bicchieri di whisky lasciati lì dal caso o da un coccodrillo troppo basso…ma seduta allo sgabello c’era una ragazza dai capelli corti e scompigliati come un campo di grano appena tagliato all’inizio di settembre / un grosso naso a patata di pianura / un collo assai sottile e due labbra invisibili. Gli occhi persi incontrarono quelli del Man le cui mani in un secondo incontrarono il vetro del bicchiere che in un cin cin incontrò quello della ragazza in salopette.

Ehi ehi si dissero e tu chi sei chiese lei come chi sono io sono il festeggiato quanti anni fai chiese lei facendo finta di niente e lui rispose boh forse diciotto ehi anche io rispose lei ridendo / proprio oggi no no disse lei ancora ridendo e come risero ahahahahahhahah e si conobbero parlarono lei prese la sua coppola e decise che non gliel’avrebbe ridata mai più, allora disse il Man allora per lo meno balla ancora un po’ per me, non vuoi che balli insieme a te no no voglio vederti ballare mentre sto seduto qua voglio vedere come sei da sola libera dalle manacce di uno sporco coccodrillo va bene disse lei e subito iniziò a danzare e dopo solo due secondi il Man le era avvinghiato addosso e fecero l’amore in pista sotto nessuno sguardo perché gli sguardi quella sera andavano tutti in direzioni diverse potremmo farlo anche senza vestiti osservò il Man e la piccola manovale meccanica gli azzannò un orecchio con un morso da iena / e se lo portò dietro come una preda / sotto un albero da cui si vedeva tutta la pianura in festa / lei gli si stese sopra e divenne una costellazione e il man ripercorse la sua vita tutti i suoi ventiquattresimi compleanni e tutte le costellazioni, quelle che aveva già visto e quelle che ancora doveva vedere tutti i capelli che aveva morso e tutte le mani che aveva stretto e ogni film commedia tragedia ogni canzone ogni delusione ogni tetta e ogni lingua sul suo collo e ogni incazzatura ogni inculata ogni mancanza di rispetto / e quando arrivava alle mancanze di rispetto di solito è quando si eccitava di più / e allora per non cedere troppo presto balzò all’attacco fuori dal fiume brandendo al collo la sua preda e trascinandola nella tana dove il coccodrillo missionario convertiva le giovani gazzelle senza in verità avvertire alcuna resistenza, ma quando il coccodrillo era ormai ridotto a un sibilare da lucertola la gazzella ancora saltellava qua e là come una baccante tropicale in cerca di un amante come nelle più torride giornate nella savana aveva cercato un ciuffo d’erba anche secca e gualcita sotto il quale giaceva ormai morto e sepolto ma felice il Man. Quando entrambi furono felici, si sdraiarono l’una accanto all’altro stando vicini, vicini l’uno all’altra. Disse il Man:

“E’ un paradiso”

Lei rispose.

“Non smetterei mai”

“Di fare l’amore?”

“Di vivere così”

“Come ti chiami?”

“Eva”

“La prima?”

“L’unica”

“Sai nel buio da questa pianura anche se sono con te non sono mai stato così solo”

“E questo come ti fa stare?”

“Bene”

“Perché?”

“Perché ho capito che non ho bisogno di cercarti per essere felice. E che se sono felice, sarai tu a trovarmi”

Eva rise, e dai pantaloni buttati sul prato tirò fuori una mela, prendendone un morso. La pianura intanto sorrideva, e dalle colline ai bordi della città un continuo masticare insisteva nella notte accompagnando il brusio delle urla delle trombe dei contrabbassi delle bande jazz dei bar delle feste dei bicchieri dei saluti e degli orgasmi in quella notte, in quella bellissima, bellissima pianura.

 

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