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THE OCEAN ON THE DOORSTEP

Fondata nel 1659 e intitolata al re Luigi XIV, Saint-Louis è il primoinsediamento francese dell’Africa occidentale.

I suoi edifici coloniali color pastello e la flotta di piroghe hanno fattoguadagnare a Saint-Louis, sito Patrimonio dell’UNESCO dal 2000, il soprannome di “Venezia d’Africa”. Già nel 2008 il rapporto Habitat delle Nazioni Unite indica l’anticacapitale del Senegal come “la più minacciata dall’innalzamento del livellodel mare di tutta l’Africa”.

Questo fenomeno, unito all’erosione costiera, ha spinto letteralmente l’oceano ai piedi degli abitanti della Langue de Barbarie, una penisola sabbiosa che protegge la città dalle onde dell’Atlantico. Molti sono già diventati rifugiati climatici e sono stati costretti atrasferirsi nei campi provvisori ad una decina di chilometri nell’entroterra. Inoltre, da un paio di decenni gli eventi climatici estremi si sono fatti sempre più frequenti.

Nel 2007 e 2008, due forti mareggiate hanno colpito il quartiere di Guet Ndar. Qui, oltre a circa 300 abitazioni, sono andate perseuna scuola, una moschea e parte del cimitero cittadino. Le comunità locali, basate da secoli sulla pesca, devono affrontare ogginotevoli difficoltà. Non solo le case e le infrastrutture stanno scomparendo, i cambiamenti delle correnti marittime e delle temperature hanno anche influito sulla disponibilità di stock ittici. A ciò si aggiunge l’impatto devastante della pesca intensiva praticata dalle navi straniere, principalmente francesi, nelle acque senegalesi.

Ogni anno centinaia di saint-louisiens disperati, decidono di lasciare ilproprio paese e di imbarcarsi attraverso la cosiddetta ‘Rotta dell’AfricaOccidentale’, un viaggio spesso fatale di oltre una settimana per raggiungerele coste delle Isole Canarie. Dal 2019 il governo senegalese ha iniziato la costruzione di una barriera protettiva lunga 3.5 km. In molti però la considerano un palliativo e dubitano che la città possa essere salvata dall’inesorabile avanzata dell’oceano.

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