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L’UOMO È L’ARCO, DIO L’ARCIERE

Da piccolo dicevo un sacco di bugie, non che adesso abbia smesso, ma al tempo era quasi un gioco,il mio gioco. Volevo raccontare delle storie che sbalordissero, la quotidianità mi aveva stufato, eranoiosa e priva di pepe. Il problema è che a un certo punto non riuscivo più a distinguere la realtàdalla finzione, il reale dal non reale. Mio padre, allora, mi ripeteva sempre che “le bugie hanno legambe corte”.Questa frase mi ritorna in mente, martellante, quando mi affaccio al tema della spiritualità. Oggi,dove in Occidente i centri di meditazione si riempiono e le chiese si svuotano. Al grido di “Dio èmorto” come scrive Nietzsche, il dio personale, quello a tu per tu, che ci confortava, è sempre piùun’eccezione tra le nuove generazioni in Italia. Essere cristiano è uno stigma che ti porti dietro, non più un vanto. L’uomo religioso legato a Dio, al cielo e sostenuto daesso, sembra essere appeso a un filo.

Qualcosa sta cambiando.

Le religioni non sono più chiuse tra loro, l’Occidente non può più ignorare l’Islam o l’Induismo, e viceversa. Il processo è iniziato e pare irreversibile. Quando ho avuto modo di approcciarmi con l’Islam ho riscoperto l’amore incondizionato per Dio, l’unico, l’assoluto, il Padrone del dì del Giudizio. “Non c’è altro dio che Dio”, Lā ilāha illā Allāh. Ogni giorno che passa questa frase siespande e si contrae nella mente di ogni fedele musulmano. Questo è il principio fondamentale: Dio è Allah, Dio dei musulmani, e il Corano è la sua parola. In questa epoca di caos e ignoranza, dove gli uomini osservano il mondo da uno specchio appannato, trovare persone che attraverso la fede religiosa riescano a raggiungere un equilibrio, una pace interiore, è qualcosa di estremamente affascinante. Ai nostri occhi la figura del credente ha perso la sua aura e la sua saggezza è diventata mera follia. In tutto ciò, Dio continua a ridere molto, mentre l’uomo, che pure è fatto a sua immagine, piange ancora.

Essere credenti e praticanti non possono essere due condizioni scisse tra loro, i musulmani sono più diretti: o sei praticante o smetti di essere musulmano. La direzione è una sola: dentro. In Europa, invece, continuiamo a definirci cristiani senza esserlo più, quasi come se fosse un onere oramai ossidato nella nostra psiche. Per l’Islam non esiste esterno, non è un’opzione contemplata: “Dio ècon voi ovunque voi siate” dice il Corano (57,4), o ancora “Ovunque vi volgiate ivi è il volto di Dio” Corano (2,115). Questa è la sua grandezza e anche la sua tragedia.

Le rivoluzioni scientifiche e i progressi sociali non scalfiscono la corazza del musulmano. La sua colonna vertebrale è sorretta dal Corano, nella Al-Fātiḥa, la prima sūra, quella che Maometto chiama “madre del Corano”, in sette versi è riassunta l’essenza della fede islamica. Perché qualcuno dovrebbe andare a cercare altro? Tutto ciò è resistito al tempo e resisterà anche alla globalizzazione, assicurano i fedeli. La caparbietà dei musulmani rispetto alle altre religioni monoteiste può essere esemplificata nel primo atto di disobbedienza dell’essere umano: il peccato originale.

Nella Genesi Dio, dopo aver collocato Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden, impone loro di nutrirsi dei frutti di tutti gli alberi presenti, tranne che dei frutti dell’albero della conoscenza. Nel Corano, invece, Dio non proibisce al primo uomo e alla prima donna di mangiare il frutto dell’albero, la famosa mela, proibisce loro di avvicinarsi all’albero. La differenza è notevole e constatabile dopo millequattrocento anni. La frase di Dio ad Adamo ed Eva: “Non avvicinatevi a quest’albero” Corano (2,34), è lontanissima dalle dispute fra sunniti e sciiti, sull’introduzione del velo o l’istruzione per le donne, essa simboleggia la fiducia che l’uomo deve riporre in Dio, chicrede di essere superiore, o anche uguale a lui, non vede le cose come sono.

Conversando con un mio amico musulmano sulla morte di Dio in Occidente mi rispose: “Chi non ha provato la miseria non può capire niente, l’uomo si accosta a Dio attraverso le sventure”. Questa frase racchiude sicuramente una spiegazione della perdita di fede nel dio antropomorfo della nostra società. Con l’Illuminismo, e le grandi scoperte scientifiche dell’Ottocento, l’essere umano occidentale si è rinchiuso nelle sue analisi razionali e quantitative. Questa bramosia della verità ha sferrato un colpo mortale al misticismo che da sempre ha contraddistinto la nostra storia e che dava– parolaccia – un senso alla vita. Un pensiero fisso che teneva insieme il cielo e la terra, il corpo e lamente, il passato e il futuro.

L’occidentale, però, così impregnato di razionalità, dovrebbe riconoscere che se qualcosa riesce a sopravvivere per secoli non può essere un cumulo di idiozie: solo la verità resiste. Le bugie hanno legambe corte. Il nazismo è durato dodici anni, il comunismo settanta. L’Islam resiste damillequattrocento anni e non è finita qua, ancora commuove.

In un momento storico come questo, in cui ogni certezza sembra essersi persa, l’essere umano haperso la sua bussola. La compassione e l’amore universale che ha mosso i più grandi pensatori della storia come Gesù e Maometto è soppiantato dall’individualismo sfrenato della società dei consumi. La presenza di Dio era radiosa, felice e tranquillizzante. Lo sfondo della vita, di solito scialbo, acquistava colore, sapore e luce. L’Islam insegna che l’universo è finito, creato, ha un inizio e unafine. Ciò che stiamo facendo nei confronti della Natura mi spinge a pensare che sia così. Per l’Islam
tutte le cose create, le montagne, le pietre, le onde del mare, gli uccelli, i pesci, gli insetti, sonoassorte nella contemplazione di Dio: “Non c’è cosa alcuna che non canti le sue lodi” dice il Corano(17,44). Tutte le creature lo glorificano, ecco perché per i musulmani sono così pregni di rispetto.

Di Dio si parla, da qualche millennio, in molti modi, ma ad oggi riporre tutto questo in uno scatolone in soffitta e aspettare che la polvere e il tempo ne consumino la sua sostanza è fare un torto a noi stessi e al nostro futuro. Le etichette settarie impediscono la comprensione del reale e generano pericolosi giudizi nella mente degli uomini. Miliardi di credenti sono ancora mossi dal dio antropomorfo, e le loro anime non sembrano distaccarsi da questa salvifica concezione.

Riscoprire alcuni concetti dell’Islam primitivo è un’occasione per tutti noi per non dimenticarci che in questo mondo oltre alla scienza, alla medicina e alla psicoanalisi, c’è altro, qualcosa che non si può spiegare a parole, qualcosa che non è né negativo né positivo, che è oltre la dualità e la relatività. I signori benpensanti ribatteranno che dopo millenni di falsità abbiamo raggiunto la luce, ma la luce non è il risultato della vista. Al dio antropomorfo i credenti si avvicinano con la preghiera, al dio personale ci si avvicina tramite la meditazione, è un segno dei tempi. Non dimentichiamoci dei primi, così felici nel contemplare la propria vita come una semplice pedina nel grande gioco divino.

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