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REGICIDIO DI UMBERTO I

Il 29 luglio 1900 il re d’Italia Umberto I si recò a Monza per presiedere la cerimonia di chiusura di un concorso ginnico. Attorno alle dieci e trentacinque di sera, mentre risaliva a bordo della sua carrozza accompagnato da alcuni militari, improvvisamenteun uomo si erse tra la folla e gli sparò uccidendolo.Egli si chiamava Gaetano Bresci.

 

 

Nell’Italia di fine 800’ si respira un clima di tensione molto alto, dovuto alle proteste popolari contro le non ottimali condizioni di lavoro e, soprattutto, per l’aumento del prezzo del pane, principale alimento per le fasce più povere della popolazione. Negli anni 90’ il movimento operaio e contadino era cresciuto molto: in quegli anni sorsero leghe, cooperative e camere del lavoro, furono organizzati scioperi, occupazioni di terre e manifestazioni e, accanto ai movimenti anarchici e repubblicani, nacque nel 1892 un forte Partito socialista. I moti di Milano tra il 6 e il 9 maggio 1898 furono un avvenimento che accese la miccia per i fatti di cui andremo a parlare successivamente, che coinvolgono il Re di allora, Umberto I.

Le proteste partirono da Milano e si estesero a diverse altre città nello stesso periodo. Gli operai riempirono le strade e furono protagonisti di diversi disordini: vennero assaliti i tram, create delle barricate, lanciati sassi contro le forze dell’ordine e contro degli stabilimenti di alcune fabbriche. La risposta del governo fu molto decisa: i fatti di Milano portarono alla dichiarazione dello stato d’assedio e al conferimento di pieni poteri al generale Fiorenzo Bava Beccaris che con il suo esercito utilizzò metodi poco ortodossi per soffocare ogni forma di protesta. A Milano il generale Bava Beccaris sparò cannonate sulla folla che manifestava contro l’aumento del prezzo del pane, provocando, secondo le fonti ufficiali, 82 morti e 503 feriti e, secondo altre fonti, oltre 300 morti e un migliaio di feriti. Umberto I conferì al generale per «il servizio reso alle istituzioni e alla civiltà» la Croce di grande ufficiale dell’ordine militare di Savoia, una delle massime onorificenze del regno.

 

La repressione della rivolta nel sangue, l’onorificenza e la nomina a Senatore di Bava Beccaris suscitarono il forte sdegno di parte della popolazione, tra cui un giovane anarchico toscano, Gaetano Bresci. Egli successivamente ai moti di Milano emigrò negli Stati Uniti, precisamente a Paterson, in New Jersey. Qui riprese il suo lavoro da operaio tessile ma le idee anarchiche e lo sdegno per i fatti accaduti lo portarono a rimuginare su come poter vendicare sé stesso e il popolo italiano. Il 27 febbraio 1900 acquistò a Paterson l’arma per uccidere il re, un revolver Harrington & Richardson. Il 17 maggio si imbarcò da New York e alla fine del mese arrivò a Coiano di Prato, suo paese natale dove rimase fino al 18 luglio. Il 24 luglio si recò Milano dove affittò la camera di una pensione e il 27 luglio raggiunse Monza dove affittò un’altra camera e cominciò a perlustrare la zona e i dintorni di Villa Reale chiedendo anche notizie sugli spostamenti della famiglia reale fino al giorno dell’attentato.

Il 29 luglio 1900, Umberto I era stato invitato in una palestra di ginnasti per la premiazione di alcuni atleti, intorno alle ventidue e trentacinque, mentre il sovrano risaliva sulla carrozza insieme al suo seguito, all’improvviso tre colpi sparati da distanza ravvicinata lo raggiunsero al petto, a un polmone e al collo. Dopo alcuni attimi di smarrimento la folla cercò di raggiungere l’attentatore per linciarlo, ma i carabinieri riuscirono a sottrarlo alle percosse. L’anarchico toscano fu catturato dai carabinieri dopo una breve colluttazione, condannato un mese dopo all’ergastolo, il 22 maggio 1901 il suo corpo penzolerà legato a un asciugamano dalla finestra della cella. Secondo la versione ufficiale si tratterà di suicidio. Ma tra i detenuti circolerà sempre un’altra verità: perché il detenuto disponeva di un asciugamano quando il regolamento carcerario lo vietava? Come avrebbe potuto impiccarsi con le catene ai piedi euna sorveglianza continua? Sarà Sandro Pertini, che a Ventotene era stato confinato durante il fascismo, a darle voce istituzionale nel 1947«Bresci è stato percosso a morte, poi hanno appeso il cadavere all’inferriata della sua cella di Santo Stefano».

 

«Io non ho ucciso Umberto. Io Ho ucciso il Re. Ho ucciso un principio».

 

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